2013-04-02

Il leader della Corea del Nord ribadisce rafforzamento dell'impegno nucleare





La Corea del Nord annuncia il riavvio del reattore nucleare fermato nel 2007. Il leader kim Jung, nel discorso ieri alla nazione in occasione della riunione plenaria del Comitato centrale del Partito dei Lavoratori, ha affermato che gli armamenti nucleari costituiscono ''un deterrente'' rispetto alla guerra. Pyongyang da giorni minaccia Stati Uniti e Corea del Sud, impegnati in vaste manovre militari nell'ambito di operazioni annuali. Il servizio di Fausta Speranza RealAudioMP3 


Kim Jong-un promette di rafforzare l’impegno nucleare assicurando il lancio di altri satelliti. Con una popolazione allo stremo, parla di “necessità di accelerare lo sviluppo economico e punta il dito contro i 'nemici', a partire dagli Usa, che – sostiene - cercano di ''ostacolare il miglioramento economico'' della Corea del Nord. Da giorni la tensione è molto alta nell’area anche se effettivamente non si registrano “mobilitazioni su larga scala e riposizionamenti significativi di truppe nordcoreane”. Washington fa sapere che la Cina ha messo in stato d'allerta le sue truppe sul confine con la Corea del Nord. Pechino, alleata storica di Pyongyang ma sempre meno disposta ad assecondarne tutte le mosse, mantiene una forte presenza militare sul confine nel timore che uno sgretolamento del regime porti ad un massiccio afflusso di profughi sul suo territorio. Da parte sua la presidente della Corea del Sud, dopo lo ''stato di guerra'', annunciato sabato da Pyongyang, ha affermato che se c'è una provocazione contro la Corea del Sud e la sua gente, ci dovra' essere una risposta forte iniziale senza alcun tipo di considerazione politica''. 
In particolare sulla posizione della Cina, ascoltiamo,al microfono di Cecilia Seppia, la riflessione di Rosella Ideo, docente di Storia politica e diplomatica dell’Asia orientale all’Università di Trieste: 

R. - Direi che la Corea del Nord sta giocando una partita molto pericolosa. È chiaro che questo è dovuto alle ulteriori sanzioni che hanno colpito il Paese dopo il terzo test nucleare il 12 febbraio; da allora è partita questa escalation che veramente sta preoccupando tutti gli osservatori.

D. - La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato questo invio, da parte della Casa Bianca, di due bombardieri B2 che possono essere dotati sia di armi convenzionali sia nucleari. Quindi, in primo piano c’è la presa di posizione degli Stati Uniti, però ci sono altre potenze che entrano in gioco, come la Cina che non ha per niente un ruolo neutrale, come molti pensano invece…

R. - È vero! La Cina - tra l’altro - è quella che può risentire di più di una presenza militare americana aumentata nell’area. Ed è altrettanto vero che la Cina è l’unico “puntello”, da tutti i punti di vista, per la Corea del Sud perché gli fornisce energia, beni di consumo, infrastrutture, aiuti… La Cina, da un certo punto di vista, vuol vedere il gioco degli Stati Uniti, ma nello stesso tempo, si è sempre comportata calmierando le intemperanze sia degli Stati Uniti che della Corea del Nord. Però, in termini di potenza internazionale ha votato le sanzioni seguite al terzo test nucleare del 12 febbraio per dare l’immagine di essere una potenza responsabile.

D. - Nella Corea del Nord si sta formando una fazione che combatte il regime, e questa è la prima volta che succede. Che ruolo potrebbe aver questa “forza politica” in questo caso, ma anche più in generale in quello che è il regime di Pyongyang?

R. - È una possibile frangia interna, perché non possiamo parlare di una frangia politica. Teniamo ben presente che proprio in Corea del Nord esiste un regime di controllo talmente stretto, che la possibilità che si possa formare un’opposizione vera e propria che abbia la capacità di detronizzare questo terzo Kim, e quindi di cambiare le regole del gioco interno, è difficilissima. Bisognerebbe che le Forze armate coagulassero contro il regime di Kim Jong Un, cosa che non vedo possibile, anzi! Kim Jong Un sta dando queste prove 'muscolari', proprio per avere l’appoggio delle Forze armate. Ricordiamo anche che tutte queste reazioni di Kim, sono dovute al fatto che per la prima volta il 21 di marzo, l’Human Rights Council dell’Onu ha emanato una risoluzione per stabilire una Commissione di inchiesta che miri a valutare la sistematica violazione dei diritti umani che avviene in Corea del Nord. Effettivamente si ha una percezione atroce della situazione dei diritti umani nel Paese, con i campi di concentramento..ecc.

D. - Lei diceva “violazione dei diritti umani”, ma anche una situazione di povertà e di crisi molto evidente - che ovviamente riguarda la Corea del Nord - e che in qualche modo limita, allontana quel processo di riunificazione di cui si parla tanto…

R. - Io direi che in questi ultimi tempi, l’idea di una riunificazione appare assolutamente lontana. In questo momento sarebbe qualcosa di disastroso per la ricca e democratica Corea del Sud.


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/04/02/il_leader_della_corea_del_nord_ribadisce_l%E2%80%99impegno_per_le_arm/it1-678838
del sito Radio Vaticana 

2013-02-12

Il gioco delle parti: minacce, provocazioni e sanzioni

Nella penisola coreana la tensione è all’apice. Minacce e provocazioni della Corea del nord seguono uno schema corroborato fin dalla firma dell’armistizio del 1953 che segnò la fine della guerra “calda” di Corea. Ma le sanzioni, comprese le ultime del Consiglio di Sicurezza dell’Onu a seguito del terzo test nucleare nordcoreano, non impediranno a Pyongyang di privarsi di quest’unico asso nella manica, che ha consentito a tre generazioni di Kim, nell’ultimo ventennio, di preservare il potere una volta finita la guerra fredda. Il nodo gordiano è rappresentato dallo scontro pluridecennale fra Washington e Pyongyang. Il piccolo paese vuole la firma della pace con gli Stati Uniti per rientrare nella comunità internazionale (con tutti i benefici economici connessi) e vuole il riconoscimento del suo nuovo status di paese nucleare. Nell’immediato, Kim Jong-eun mira al dialogo diretto con Washington. Pare che gli Stati Uniti stiano rivedendo la politica seguita dal 2008 ad oggi: una strategia di indifferenza corretta da un rincaro di sanzioni in risposta alle provocazioni del regime. Il “ritorno in Asia”, con lo spostamento di truppe e armamenti nella regione, inquieta la Cina ed esige un gesto di buona volontà. Il governo cinese, al contrario, ha continuato a puntellare Pyongyang con aiuti economici e investimenti: per non ritrovarsi, in caso di crollo di un regime, una Corea riunificata sotto l‘egida americana; ha perciò chiarito che le sanzioni non sono “la soluzione fondamentale”, ma che occorre tornare a un tavolo negoziale. Park Geun-hye (figlia del dittatore che guidò con pugno di ferro la modernizzazione del suo paese), appena insediatasi alla presidenza della Corea del sud costituisce un’altra incognita. In campagna elettorale la “regina di ghiaccio” del partito conservatore aveva promesso di essere disposta ad una politica più flessibile con il terzo Kim di quanto non sia stata quella intransigente del suo predecessore, Lee Myun Bak.  Adesso retorica bellicista e tensione sono alle stelle da ambo i lati del 38° parallelo, anche perché sono iniziate le manovre militari congiunte (dal 9 al 21 marzo) fra Corea del sud e Stati Uniti. Si temono incidenti più o meno cruenti con Seoul, come nel passato, anche se di solito non avvengono quando tutti se l’aspettano. E’ bene tuttavia non dimenticare, come ha sottolineato il quotidiano progressista sudcoreano Hankyoreh, che “l’emergenza nucleare è dovuta all’ansia di questo paese per la sua sicurezza”.

Pubblicato su Il Manifesto 12 febbraio 2013

2011-12-20

Corea, morto un Kim se ne fa subito un altro

La notizia della morte di Kim Jong-il, che ha retto le sorti della Corea del nord nel periodo più buio e drammatico della sua storia, è stata data alla TV di stato da un’annunciatrice in lacrime e gramaglie. Che cosa succederà adesso? L’erede designato, Jong-eun, riuscirà a tenere unito un Paese che non si è più ripreso dalla carestia del 1995? Un terzo della popolazione vive al di sotto la soglia di povertà e la denutrizione ha segnato intere generazioni. Quando nel 1994 muore Kim Il-sung , fondatore dell’unica dinastia socialista del pianeta, Kim Jong-il ha alle spalle una lunga esperienza di governo a fianco del padre. Il giovane Jong-eun no.
Non ha né la sua maturità né la sua preparazione. Della sua biografia si sa molto poco. Ha 27 o 28 anni, ha  studiato in Svizzera, ha prestato servizio nell’esercitoed è stato nominato generale a quattro stelle e infine nella Commissione di difesa nazionale, vero centro di potere dell’establishment.
In questa preparazione accelerata per la sua successione, il leader Kim ha creato un primo anello di sicurezza intorno al figlio, composto da sorella e cognato, Jang Song-taek, il più potente fra i 4 vicepresidenti della Commissione, presieduta dallo stesso Kim. I vecchi generali delle forze armate, che controllano ogni parte del Paese, sono la seconda garanzia di stabilità politica. In questo contesto la personalità di Jong- eun è meno importante dell’accordo di massima fra le varie componenti militari e civili dell’establishment:  stringersi intorno all’erede, anche se figura di comodo, per mantenere l’unità e portare avanti i compromessi necessari nel segno della continuità. E’ probabile che l’anno prossimo, alle celebrazioni per il centenario della nascita di Kim Il-sung, l’élite si presenterà unita. Il periodo di lutto per la morte di Kim Jong-il, lungo tre anni come tradizione vuole,  dovrebbe concedere il tempo necessario per mettere a punto gli equilibri interni e dare più spessore all’evanescente Kim.
Se fosse questo lo scenario, è probabile che l’erede e i suoi consiglieri rafforzeranno i  legami con la Cina, unica fonte di aiuto anche nei momenti di massimo isolamento del Paese, ancora sotto sanzioni internazionali dopo il primo test nucleare del 2006, e proseguano le trattative in corso per riprendere i
colloqui a sei (le due Coree, Cina, Usa, Russia e Giappone) sull’eventuale denuclearizzazione della Rpdc interrotti nel dicembre 2008.
Non si possono escludere però scenari più drammatici. Una lotta di potere al vertice o una divisione fra gli stati maggiori e i comandi militari provinciali, ad esempio. Ma la sopravvivenza della Rpdc dopo la dissoluzione dell’Urss e la fine della maggior parte dei Paesi comunisti impone, a vent’anni di distanza, cautela nel prevedere l’implosione dello stato nordcoreano.


pubblicato 20 dicembre 2011 in Terra - terranews.it

2011-12-19

2010-12-02

ISPI Tavola Rotonda "Coree: una guerra mai finita?"

Il panel dell'incontro: Rosella Ideo, Universita' di Trieste; Stefano Carrer, Il Sole 24 Ore; Antonio Fiori, Universita' di Bologna.



2009-05-26

colloquio con Dr. Rosella Idéo su InfoAut.org

Pyongyang sbatte la portaconflitti globali 

[colloquio con Rosella Ideo] La Corea del Nord ha deciso di chiudere la porta. E, con l'ultimo gesto eclatante, ha dimostrato di non aver più intenzione di proseguire i colloqui del tavolo negoziale a sei che ormai da anni ha fatto da camera di compensazione alle provocazioni di Pyongyang. Ne è convinta Rosella Ideo, che insegna Storia politica e diplomatica dell'Asia orientale all'Università degli studi di Trieste. Ideo, che fa parte dell'Osservatorio "Asia Maior", segue da molti anni le vicende coreane ed è suo il saggio introduttivo alla biografia di Kim Jong-il, il "caro leader", uscita nella traduzione italiana per i tipi di ObarraO nel 2005.

Cosa vuole dimostrare Pyongyang con questo ennesimo test?
Direi che è la dimostrazione che ormai Kim Jong-il non ha più alcuna intenzione di sedere al tavolo negoziale, perlomeno nel breve periodo

Ancora la famosa teoria del "rischio calcolato"?
I nordcoreani, e non è la prima volta, hanno deciso di passare dal piano A, ossia dalla ricerca del riconoscimento politico da parte americana - che sia con Clinton, sia con Bush avevano cercato di ottenere - al piano B, espressamente dichiarato nel comunicato diffuso subito dopo il test e che dice che la Corea del Nord ha il dovere di difendersi dal potenziale atomico americano...

Si aspettava qualcosa da Obama?
Quando i coreani si sono resi conto che l'amministrazione Obama non era affatto diversa dalla precedente in termini di ostilità nei confronti di Pyongyang, si è deciso il cambio di tattica

Cosa l'ha provocato?
Le esercitazioni militari congiunte americane e sudcoreane di marzo, di routine per altro. Poi la condanna del Consiglio di sicurezza dell'Onu dopo il test missilistico dell'aprile scorso e infine lo scarso impegno del nuovo inviato speciale americano nell'area. Ma c'è altro

Cosa?
In realtà, dietro a questa ennesima provocazione si può anche intravede una nuova grave crisi interna. Prima di tutto, i nordcoreani temono un'ennesima emergenza di carattere economico e quindi umanitario, anche per via del fatto che Seul, il loro principale donatore fino all'anno scorso, ha deciso di chiudere il flusso dell'aiuto verso Pyongyang. E in secondo luogo c'è la malattia di Kim Jong-il, strettamente connessa al problema della successione. Direi che con questa mossa, Kim Jong-il ha voluto dare una dimostrazione di forza. Non solo verso l'esterno ma anche in chiave interna.