2011-12-20

Corea, morto un Kim se ne fa subito un altro

La notizia della morte di Kim Jong-il, che ha retto le sorti della Corea del nord nel periodo più buio e drammatico della sua storia, è stata data alla TV di stato da un’annunciatrice in lacrime e gramaglie. Che cosa succederà adesso? L’erede designato, Jong-eun, riuscirà a tenere unito un Paese che non si è più ripreso dalla carestia del 1995? Un terzo della popolazione vive al di sotto la soglia di povertà e la denutrizione ha segnato intere generazioni. Quando nel 1994 muore Kim Il-sung , fondatore dell’unica dinastia socialista del pianeta, Kim Jong-il ha alle spalle una lunga esperienza di governo a fianco del padre. Il giovane Jong-eun no.
Non ha né la sua maturità né la sua preparazione. Della sua biografia si sa molto poco. Ha 27 o 28 anni, ha  studiato in Svizzera, ha prestato servizio nell’esercitoed è stato nominato generale a quattro stelle e infine nella Commissione di difesa nazionale, vero centro di potere dell’establishment.
In questa preparazione accelerata per la sua successione, il leader Kim ha creato un primo anello di sicurezza intorno al figlio, composto da sorella e cognato, Jang Song-taek, il più potente fra i 4 vicepresidenti della Commissione, presieduta dallo stesso Kim. I vecchi generali delle forze armate, che controllano ogni parte del Paese, sono la seconda garanzia di stabilità politica. In questo contesto la personalità di Jong- eun è meno importante dell’accordo di massima fra le varie componenti militari e civili dell’establishment:  stringersi intorno all’erede, anche se figura di comodo, per mantenere l’unità e portare avanti i compromessi necessari nel segno della continuità. E’ probabile che l’anno prossimo, alle celebrazioni per il centenario della nascita di Kim Il-sung, l’élite si presenterà unita. Il periodo di lutto per la morte di Kim Jong-il, lungo tre anni come tradizione vuole,  dovrebbe concedere il tempo necessario per mettere a punto gli equilibri interni e dare più spessore all’evanescente Kim.
Se fosse questo lo scenario, è probabile che l’erede e i suoi consiglieri rafforzeranno i  legami con la Cina, unica fonte di aiuto anche nei momenti di massimo isolamento del Paese, ancora sotto sanzioni internazionali dopo il primo test nucleare del 2006, e proseguano le trattative in corso per riprendere i
colloqui a sei (le due Coree, Cina, Usa, Russia e Giappone) sull’eventuale denuclearizzazione della Rpdc interrotti nel dicembre 2008.
Non si possono escludere però scenari più drammatici. Una lotta di potere al vertice o una divisione fra gli stati maggiori e i comandi militari provinciali, ad esempio. Ma la sopravvivenza della Rpdc dopo la dissoluzione dell’Urss e la fine della maggior parte dei Paesi comunisti impone, a vent’anni di distanza, cautela nel prevedere l’implosione dello stato nordcoreano.


pubblicato 20 dicembre 2011 in Terra - terranews.it