Pyongyang sbatte la portaconflitti globali
[colloquio con Rosella Ideo] La Corea del Nord ha deciso di chiudere la porta. E, con l'ultimo gesto eclatante, ha dimostrato di non aver più intenzione di proseguire i colloqui del tavolo negoziale a sei che ormai da anni ha fatto da camera di compensazione alle provocazioni di Pyongyang. Ne è convinta Rosella Ideo, che insegna Storia politica e diplomatica dell'Asia orientale all'Università degli studi di Trieste. Ideo, che fa parte dell'Osservatorio "Asia Maior", segue da molti anni le vicende coreane ed è suo il saggio introduttivo alla biografia di Kim Jong-il, il "caro leader", uscita nella traduzione italiana per i tipi di ObarraO nel 2005.
Cosa vuole dimostrare Pyongyang con questo ennesimo test?
Direi che è la dimostrazione che ormai Kim Jong-il non ha più alcuna intenzione di sedere al tavolo negoziale, perlomeno nel breve periodo
Ancora la famosa teoria del "rischio calcolato"?
I nordcoreani, e non è la prima volta, hanno deciso di passare dal piano A, ossia dalla ricerca del riconoscimento politico da parte americana - che sia con Clinton, sia con Bush avevano cercato di ottenere - al piano B, espressamente dichiarato nel comunicato diffuso subito dopo il test e che dice che la Corea del Nord ha il dovere di difendersi dal potenziale atomico americano...
Si aspettava qualcosa da Obama?
Quando i coreani si sono resi conto che l'amministrazione Obama non era affatto diversa dalla precedente in termini di ostilità nei confronti di Pyongyang, si è deciso il cambio di tattica
Cosa l'ha provocato?
Le esercitazioni militari congiunte americane e sudcoreane di marzo, di routine per altro. Poi la condanna del Consiglio di sicurezza dell'Onu dopo il test missilistico dell'aprile scorso e infine lo scarso impegno del nuovo inviato speciale americano nell'area. Ma c'è altro
Cosa?
In realtà, dietro a questa ennesima provocazione si può anche intravede una nuova grave crisi interna. Prima di tutto, i nordcoreani temono un'ennesima emergenza di carattere economico e quindi umanitario, anche per via del fatto che Seul, il loro principale donatore fino all'anno scorso, ha deciso di chiudere il flusso dell'aiuto verso Pyongyang. E in secondo luogo c'è la malattia di Kim Jong-il, strettamente connessa al problema della successione. Direi che con questa mossa, Kim Jong-il ha voluto dare una dimostrazione di forza. Non solo verso l'esterno ma anche in chiave interna.