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2014-02-18

Corea del nord: pubblicato il rapporto Onu sui crimini contro l’umanità.

Occorre un’azione immediata della Comunità internazionale per mettere fine alle atrocità commesse dalle più alte istituzioni dello stato in Corea del nord.

Un nuovo rapporto dell’Onu ha stabilito che lo stato nordcoreano ha commesso crimini contro l’umanità e raccomanda che i responsabili di questi crimini, fra cui il leader nordcoreano Kim Jong Eun, vengano deferiti alla Corte penale internazionale dell’Aia o ad un tribunale istituito ad hoc, come quelli per l’ex Iugoslavia e per il Ruanda. Chiede inoltre un’inchiesta dell’Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite

2013-02-12

Il gioco delle parti: minacce, provocazioni e sanzioni

Nella penisola coreana la tensione è all’apice. Minacce e provocazioni della Corea del nord seguono uno schema corroborato fin dalla firma dell’armistizio del 1953 che segnò la fine della guerra “calda” di Corea. Ma le sanzioni, comprese le ultime del Consiglio di Sicurezza dell’Onu a seguito del terzo test nucleare nordcoreano, non impediranno a Pyongyang di privarsi di quest’unico asso nella manica, che ha consentito a tre generazioni di Kim, nell’ultimo ventennio, di preservare il potere una volta finita la guerra fredda. Il nodo gordiano è rappresentato dallo scontro pluridecennale fra Washington e Pyongyang. Il piccolo paese vuole la firma della pace con gli Stati Uniti per rientrare nella comunità internazionale (con tutti i benefici economici connessi) e vuole il riconoscimento del suo nuovo status di paese nucleare. Nell’immediato, Kim Jong-eun mira al dialogo diretto con Washington. Pare che gli Stati Uniti stiano rivedendo la politica seguita dal 2008 ad oggi: una strategia di indifferenza corretta da un rincaro di sanzioni in risposta alle provocazioni del regime. Il “ritorno in Asia”, con lo spostamento di truppe e armamenti nella regione, inquieta la Cina ed esige un gesto di buona volontà. Il governo cinese, al contrario, ha continuato a puntellare Pyongyang con aiuti economici e investimenti: per non ritrovarsi, in caso di crollo di un regime, una Corea riunificata sotto l‘egida americana; ha perciò chiarito che le sanzioni non sono “la soluzione fondamentale”, ma che occorre tornare a un tavolo negoziale. Park Geun-hye (figlia del dittatore che guidò con pugno di ferro la modernizzazione del suo paese), appena insediatasi alla presidenza della Corea del sud costituisce un’altra incognita. In campagna elettorale la “regina di ghiaccio” del partito conservatore aveva promesso di essere disposta ad una politica più flessibile con il terzo Kim di quanto non sia stata quella intransigente del suo predecessore, Lee Myun Bak.  Adesso retorica bellicista e tensione sono alle stelle da ambo i lati del 38° parallelo, anche perché sono iniziate le manovre militari congiunte (dal 9 al 21 marzo) fra Corea del sud e Stati Uniti. Si temono incidenti più o meno cruenti con Seoul, come nel passato, anche se di solito non avvengono quando tutti se l’aspettano. E’ bene tuttavia non dimenticare, come ha sottolineato il quotidiano progressista sudcoreano Hankyoreh, che “l’emergenza nucleare è dovuta all’ansia di questo paese per la sua sicurezza”.

Pubblicato su Il Manifesto 12 febbraio 2013

2009-05-26

colloquio con Dr. Rosella Idéo su InfoAut.org

Pyongyang sbatte la portaconflitti globali 

[colloquio con Rosella Ideo] La Corea del Nord ha deciso di chiudere la porta. E, con l'ultimo gesto eclatante, ha dimostrato di non aver più intenzione di proseguire i colloqui del tavolo negoziale a sei che ormai da anni ha fatto da camera di compensazione alle provocazioni di Pyongyang. Ne è convinta Rosella Ideo, che insegna Storia politica e diplomatica dell'Asia orientale all'Università degli studi di Trieste. Ideo, che fa parte dell'Osservatorio "Asia Maior", segue da molti anni le vicende coreane ed è suo il saggio introduttivo alla biografia di Kim Jong-il, il "caro leader", uscita nella traduzione italiana per i tipi di ObarraO nel 2005.

Cosa vuole dimostrare Pyongyang con questo ennesimo test?
Direi che è la dimostrazione che ormai Kim Jong-il non ha più alcuna intenzione di sedere al tavolo negoziale, perlomeno nel breve periodo

Ancora la famosa teoria del "rischio calcolato"?
I nordcoreani, e non è la prima volta, hanno deciso di passare dal piano A, ossia dalla ricerca del riconoscimento politico da parte americana - che sia con Clinton, sia con Bush avevano cercato di ottenere - al piano B, espressamente dichiarato nel comunicato diffuso subito dopo il test e che dice che la Corea del Nord ha il dovere di difendersi dal potenziale atomico americano...

Si aspettava qualcosa da Obama?
Quando i coreani si sono resi conto che l'amministrazione Obama non era affatto diversa dalla precedente in termini di ostilità nei confronti di Pyongyang, si è deciso il cambio di tattica

Cosa l'ha provocato?
Le esercitazioni militari congiunte americane e sudcoreane di marzo, di routine per altro. Poi la condanna del Consiglio di sicurezza dell'Onu dopo il test missilistico dell'aprile scorso e infine lo scarso impegno del nuovo inviato speciale americano nell'area. Ma c'è altro

Cosa?
In realtà, dietro a questa ennesima provocazione si può anche intravede una nuova grave crisi interna. Prima di tutto, i nordcoreani temono un'ennesima emergenza di carattere economico e quindi umanitario, anche per via del fatto che Seul, il loro principale donatore fino all'anno scorso, ha deciso di chiudere il flusso dell'aiuto verso Pyongyang. E in secondo luogo c'è la malattia di Kim Jong-il, strettamente connessa al problema della successione. Direi che con questa mossa, Kim Jong-il ha voluto dare una dimostrazione di forza. Non solo verso l'esterno ma anche in chiave interna.